Thursday, July 10, 2014

Introduzione di @emmabonino a @operazionidigov, il primo libro di @perdukistan


Introduzione di Emma Bonino a “Operazione Idigov, come il Partito Radicale ha sconfitto la Russia di Putin alle Nazioni unite”, il primo libro di Marco Perduca

Per comparare 
"Operazione Idigov
come il Partito Radicala ha sconfitto 
la Russia di Putin alle Nazioni Unite"




È raro che escano libri sul Partito Radicale, è molto raro che vengano scritti da un radicale, ma è ancor più raro che questi affrontino le attività che il Partito ha portato avanti in seno alle Nazioni Unite. Eppure, negli ultimi trent’anni, il Partito Radicale, che oggi ha aggiunto formalmente al proprio nome i tre aggettivi che lo caratterizzano per metodo di lotta, fronti e composizione – e cioè nonviolento, transnazionale e transpartito –, ha contribuito in modo sostanziale all’avanzamento della protezione e affermazione dei diritti umani in molte aree del mondo legando situazioni specifiche alla promozione di riforme dello Stato di Diritto a livello internazionale.

Nel 1995 l’Onu riconobbe il contributo radicale agli affari internazionali conferendo al Partito l’affiliazione di prima categoria al Consiglio economico e sociale (Ecosoc). Da allora tutte le campagne transnazionali dei radicali sono confluite alle Nazioni Unite grazie proprio a quello status consultivo – un’opportunità in più per coinvolgere Stati e altre Ong su obiettivi specifici. Che si trattasse dell’abolizione della pena di morte attraverso una Moratoria Universale delle esecuzioni capitali piuttosto che la creazione dei Tribunali ad hoc per l’ex-Jugoslavia o il Ruanda, oppure l’istituzione della Corte penale internazionale o ancora la messa al bando delle Mutilazioni Genitali Femminili, il Partito Radicale e le sue associazioni costituenti sono riuscite a instaurare e consolidare un proficuo rapporto diretto col Palazzo di Vetro e le sue agenzie. I risultati, tutt’altro che scontati, sono poi puntualmente arrivati.

La vicenda narrata in questo libro non ripercorre però quelle campagne storiche ma ricorda, tra le altre cose, come i radicali siano riusciti a divenire a livello transnazionale quello che in Italia erano stati per anni: un partito di servizio. Un partito di servizio per le lotte, le denunce e le proposte di altri oltre che per altri. Lotte, denunce e proposte chiaramente nonviolente e per la conquista di Diritto e diritti per tutti.

Fin dai tempi dell’Urss il Partito Radicale aveva stretto rapporti con intellettuali e politici che coraggiosamente e pacificamente ave¬vano manifestato il proprio dissenso al regime sovietico. Molti furono ad esempio i refuznik che riuscimmo a salvare dalle persecuzioni di un sistema che di lì a poco sarebbe scomparso. Alla caduta del Muro di Berlino i radicali furono tra i primi a occuparsi del futuro delle ex-repubbliche sovietiche e, di lì a poco, anche dei loro satelliti, primi fra tutti quelli nei Balcani.

Forte di una straordinaria campagna di iscrizioni che coinvolse oltre quarantamila mila persone e centinaia di parlamentari, all’inizio degli anni Novanta il Partito Radicale riuscì ad aprire uffici in una ventina di paesi dell’Europa dell’est e a raggiungere i propri iscritti e simpatizzanti con una pubblicazione, “Il Partito Nuovo”, che veniva stampato in diciotto lingue. La novità di quel soggetto politico transnazionale e trans¬partitico risiedeva nel voler coniugare la promozione di specifiche riforme costituzionali di chiaro stampo liberal-democratico a questioni più generali, come la necessità di abolire la pena di morte, per evitare che la giustizia sommaria, sempre in agguato in periodi di transizione, avesse il sopravvento sullo Stato di Diritto. Allo stesso tempo, sempre in quegli anni, si gettavano le basi per la creazione di una giurisdizione ad hoc che assicurasse i responsabili del conflitto jugoslavo a una giustizia che fosse giusta e imparziale. Per il Partito Radicale, il partito dello Stato di Diritto, il rispetto delle regole è sempre stato di fondamentale importanza tanto per gli amici quanto per gli avversari.

Nella primavera del 2000 si stava consumando l’ultimo capitolo di uno dei conflitti più drammatici e tragici – e mistificati – del-l’Europa moderna, quello in Cecenia. A poco era valso l’accordo di pace di tre anni prima tra Mosca e Groznyj, dalla fine del 1999 nel Caucaso si sparava senza risparmiare la popolazione civile. Per quanto la Commissione europea, il Consiglio d’Europa e gli Usa fossero stati categorici nel denunciare le violazioni dei diritti umani nella regione, non fu possibile creare le condizioni politiche per la ricerca di una pace negoziata né, purtroppo, per evitare che decine di migliaia di civili, e fra questi moltissime donne e bambini, cadessero vittime della guerra.

Per non lasciare niente di intentato, consci dei rischi che ciò poteva comportare, fu deciso di sostenere l’opera politica di quei pochi ceceni che parevano aver fatto proprio lo slogan radicale “non c’è pace senza giustizia”. Il Partito Radicale decise di invitare a Ginevra un parlamentare ceceno – eletto sotto la supervisione dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa nel 1997 – al fine di farlo entrare in contatto con la comunità internazionale e proporre l’avvio di un negoziato di pace da tenersi sotto l’egida di quelle organizzazioni regionali e internazionali che si erano attivate sul conflitto caucasico.

La partecipazione dell’iscritto radicale Akhyad Idigov alla Commissione diritti umani di Ginevra del 2000 contribuì, in modo so-stanziale, all’apertura di quel dibattito che l’allora Alto commissario Mary Robinson aveva cercato di suscitare per coinvolgere le parti nella ricerca della fine delle ostilità. Come spesso accade, quando la realtà sul campo viene raccontata dai diretti interessati piuttosto che da esperti o commentatori, le reazioni furono forti. Questo libro racconta tanto le azioni quanto le reazioni di molti dei soggetti coinvolti in quel conflitto.

Nel commentare a caldo il voto che la notte del 18 ottobre 2000 non ratificò la proposta della Federazione russa di sanzionare il Partito Radicale, a Radio Radicale dissi che aveva “vinto la verità, soprattutto la verità di quello che siamo e di quello che a partire da oggi, a maggior ragione, vogliamo continuare ad essere”. Il Partito Radicale, che aveva svolto un ruolo cruciale perché Slobodan Milosevic fosse prima incriminato e poi trasferito all’Aia per essere pro¬cessato per le responsabilità nella guerra jugoslava – cosa puntualmente avvenuta proprio nel 2000 – ha poi dedicato buona parte delle proprie risorse umane e finanziare per suscitare le sessanta ratifiche necessarie a far entrare in vigore lo Statuto di Roma della Corte penale internazionale, obiettivo raggiunto nel luglio 2002; non ha smesso di operare in mezzo mondo affinché l’Assemblea generale facesse propria la prospettiva strategica della promozione di una Moratoria Universale delle esecuzioni capitali per cancellare le pena di morte dai codici penali di tutto il mondo, successo ottenuto nel 2007; ha in¬fine agito per la definitiva messa al bando delle mutilazioni genitali femminili con una proclamazione solenne del Palazzo di Vetro, avvenuta all’unanimità degli Stati membri dell’Onu nel 2012.

Il Partito Radicale ha continuato quindi a fare quello che ha sempre fatto in Italia e nel mondo: iniziative politiche su obiettivi concreti con il coinvolgimento di compagni di strada tra i più disparati e disperati. In questo confronto-contaminazione sono state fatte conoscere realtà sconosciute e silenziate di mezzo mondo e si è anche riusciti ad aprire brecce in contesti sociali e politici che non avevano mai preso in considerazione la nonviolenza, l’affermazione dei diritti individuali o il federalismo politico e amministrativo.

Con il voto dell’ottobre 2000 si concluse una battaglia fatta anche di passi istituzionali e diplomatici, di chiarezza di posizioni, di coinvolgimento dell’opinione pubblica, di appelli alla responsabilità di tutti e ciascuno. Credo che il combinato disposto dei due settori su cui il Partito Radicale ha sempre lavorato – quello istituzionale e diplomatico e quello della chiarezza e rivendicazione delle proprie posizioni – sia stato determinante per il ribaltamento della proposta di sanzione della Federazione russa.

Quella vittoria fu, e resta, una vittoria di tutti. Una vittoria molto importante anche per tutte quelle organizzazioni non-governative, e sono moltissime, che si occupano di diritti umani. Una vittoria del-la verità, della trasparenza e del pieno rispetto delle procedure. Una vittoria anche della capacità di trasformare dei compassati diplomatici in militanti dei diritti umani e del principio di legalità e, di converso, di trasformare dei militanti radicali in misurati diplomatici. Nella scia di quel successo e degli obiettivi raggiunti successivamente, oggi vedrei con favore la mobilitazione dell’Italia a sostegno della campagna contro i matrimoni forzati, un fenomeno diffusissimo in numerose parti del mondo e che riguarda oltre quattordici milioni di bambine e ragazze sotto i diciotto anni.

Parlare di Partito Radicale, Nazioni Unite e Cecenia non può non far tornare in mente Antonio Russo. Anche la vicenda di Antonio è una vicenda che ruota intorno alla verità. Alla verità che Antonio cercava col suo lavoro di giornalista di Radio Radicale e di militante del Partito Radicale, alla verità sulle circostanze della sua morte. Verità che occorre continuare a cercare sia per la memoria storica del lavoro di Antonio che per la sua.

Spero che a questo primo ricordo di presenza del Partito Radicale alle Nazioni Unite ne possano seguire altri, anche per scongiurare indietreggiamenti, come accadde pochi anni fa quando il Vietnam pretese di nuovo una grave sanzione contro di noi e chi si batteva per i diritti dei popoli indigeni degli Altopiani centrali vietnamiti. Rivolgo quindi un sincero ringraziamento a Marco Perduca per aver raccontato un pezzo di storia che meritava di essere ricordato per l’impatto innovativo che ha avuto su metodi, procedure e prassi a livello internazionale, e che dovrà continuare ad esserlo nella sua presente e futura evoluzione del Partito ma anche delle Nazioni Unite.

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