Thursday, March 20, 2014

altro estratto da "Operazione Idigov, come il Partito Radicale sconfisse la Russia di Putin alle Nazioni unite nel 2000"


Dal silenzio durante la colazione in albergo di quel 6 aprile, si capiva che tutti i componenti della delegazione del Partito Radicale avevano trascorso una notte insonne al pensiero di come la Russia avrebbe potuto reagire all’intervento che Idigov avrebbe fatto di lì a poco.


Cinquantaseiesima sessione della Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite
Intervento orale del Prt sul punto 11 dell’ordine del giorno
Pronunciato dall’onorevole Akhyad Idigov

Signor Presidente, onorevoli delegati, signore e signori,

vi ringrazio per l’opportunità che mi viene concessa di prendere la parola a nome del Partito Radicale Transnazionale relativamente alla libertà di parola, alla tortura e a trattamenti e punizioni disumane e degradanti.

Il fatto che gli Stati abbiamo adottato e sottoscritto delle convenzioni internazionali non ha fatto purtroppo sortire gli effetti desiderati: le violazioni dei diritti umani continuano. Infatti, milioni di persone oggi si sentono indifese di fronte a decisioni arbitrarie - questo provoca molteplici conflitti e sacrifici umani. Le cosiddette ‘zone calde’ continuano a emergere in tutto il mondo. Appare chiaro quindi che ulteriori meccanismi debbano essere adottati per prevenire la violazione di norme e convenzioni internazionali.

Non passa giorno che i media non ci riportino le voci di popoli che attendono un vostro cenno e le azioni conseguenti delle Nazioni Unite.

Voci che dicono la verità sono silenziate, come quello del giornalista di Radio Liberty Andrei Babitsky. Leggendo le prove raccolte da organizzazioni come Amnesty International oppure Médecins sans Frontières e i lavori di altre Ong e organizzazioni umanitarie, possiamo vedere quali siano i problemi che dobbiamo affrontare per creare un mondo dove i diritti umani possono essere goduti da tutti allo stesso modo.

Vorrei fare l’esempio delle violazioni dei diritti umani, per motivi etnici, incluso quello della libertà di parola, della tortura, dei trattamenti e punizioni disumane e degradanti, che avvengono all’interno dei confini della Repubblica cecena di Ichkeria, da cui provengo.

Lo stato russo, senza fornire alcuna prova, ha accusato l’intero popolo ceceno di essere responsabile degli attentati occorsi in alcune città di quel paese. I ceceni che vivono in Russia, come quelli che vivono in Cecenia, son stati messi arbitrariamente sotto accusa e gli è proibito viaggiare all’estero. A oggi si stima che i rifugiati ceceni siano duecentomila e i loro diritti non esistono.

Ho con me copia della decisione numero 1514-3612 del 4 settembre 1999, firmata dal capo ufficio del Ministero degli interni russo, nonché copia del decreto N-2887-P del 1994 relativo alla deportazione del popolo ceceno firmata dal Primo Ministro Viktor Chernomyrdin in persona!

Oggi siamo in guerra di nuovo! Dal 1994 più di centoquarantamila civili sono stati uccisi. La gente muore sotto bombe e razzi, muore per le torture nei campi di filtraggio, muore per l’umiliazione del loro onore e della loro dignità.

Il governo russo sopprime ogni possibile informazione indipendente e dettagliata. Ai giornalisti e alle organizzazioni umanitarie non è consentito di entrare in Cecenia. Che valore potrà mai avere l’informazione se fornita da una parte sola, dalla parte che uccide i civili?

Molti sono i casi di abusi di diritti umani che son stati documentati, ne ricorderò uno su tutti. Nella notte tra il 6 e il 7 febbraio 2000, il villaggio di Gekhi-Chu in Cecenia è stato vittima di diciassette ore di bombardamenti ininterrotti che hanno raso a suolo tutte le case. All’alba del giorno dopo più di cinquecento soldati hanno fatto ingresso tra le macerie per sterminare e umiliare chi non era riuscito a scappare. Nel giro di poche ore sessanta persone son state giustiziate, tra loro donne e bambini. Ho con me un appello firmato dai sessantaquattro superstiti.

Signor Presidente, il Partito Radicale Transnazionale condanna le gravi violazioni dei diritti umani commesse dalla Russia in Cecenia e chiede che le autorità russe siano poste di fronte alle loro responsabilità.

Io, Akhyad Idigov, Rappresentante del Presidente della Repubblica cecena di Ichkeria davanti alle Nazioni Unite, Presidente della Commissione esteri del Parlamento ceceno e vice presidente dell’Organizzazione delle nazioni e popoli non rappresentati, ho già avuto l’onore di prendere la parola davanti a questa assemblea esattamente due anni fa. Anche allora sollevai, con altri, il problema della massiccia violazione dei diritti umani in Cecenia e mi appellai a voi affinché s’intervenisse nel conflitto. Purtroppo le nostre voci non furono ascoltate.

Oggi abbiamo ancora una volta la prova di cosa stia accadendo in Cecenia, la stessa Alta commissaria ne ha fatto cenno ieri davanti a questa augusta assemblea.

Signor Presidente, La invitiamo a porre tutta l’attenzione di cui è capace sulla Cecenia. Le parlo a nome del popolo ceceno, del Presidente Aslan Maskhadov e del Parlamento della Repubblica cecena di Ichkeria.

[La delegazione russa interrompe l’intervento chiedendo che venga chiarito a nome di chi viene presentato l’intervento. L’oratore si scusa e ripete di parlare a nome del Partito Radicale Transnazionale. Il presidente argentino della Commissione accetta le scuse e consente la ripresa dell’intervento]

Chiediamo che venga istituita una commissione internazionale d’inchiesta sulle violazioni dei diritti umani in Cecenia. Dobbiamo salvare vite umane. Per favore prestate ascolto alle voci del popolo ceceno che si appella a voi oggi. Nel 1997 i ceceni hanno espresso il loro desiderio con delle elezioni democratiche. È anche contro quello che la Russia ha dichiarato guerra. Non abbandonateci. Ascoltate questo nostro rinnovato appello.

Grazie per l’attenzione.



Silenzio. Non un applauso né una rimostranza a parte l'interruzione "procedurale" del capo delegazione russa. Le gravi accuse di Idigov furono accolte da una cappa di greve silenzio ugualmente distribuito tra le delegazioni governative e le Ong.

Non mi schiodai dal posto che mi ero conquistato in prima fila tra gli spettatori e restai in attesa che la Russia nel prosieguo della discussione alzasse la mano per prenotarsi al diritto di replica. Non accadde. La delegazione russa se ne stette zitta e ferma come aveva fatto per tutto l’intervento. Zitti e fermi per tutto il resto del giorno ad ascoltare gli altri interventi che confermavano una a una le accuse del Partito Radicale denunciate da Akhyad Idigov.

Dopo aver chiesto a Idigov come stesse con un disinvolto “harasho?”, al quale rispose sorridendo nervosamente con una fronte imperlata di sudore, tornai al mio posto immaginando come e quando avrebbe finalmente reagito la delegazione russa a quel fuoco incrociato. Niente.

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